Premessa
Tradizionalmente gli individui vengono divisi in uomini e donne sulla base delle loro differenze biologiche. Nel sentire comune, infatti, il sesso e il genere costituiscono un tutt’uno. Fermatevi un attimo e provate a spiegare cosa è per voi “genere” e cosa è “sesso”. Riuscite a dare due definizioni distinte? Oppure usate le parole “uomo, donna, maschio, femmina” in maniera interscambiabile? E queste parole sono sufficienti a coprire tutto lo spettro dei modi con cui le persone si definiscono?
In questo articolo cercheremo di spiegare i concetti di sesso e genere, e la differenza tra i due; cercheremo di illustrare come l’uso (erroneo) dei due termini in maniera interscambiabile porti alla sedimentazione di stereotipi e rigidi ruoli di genere, con conseguenze psicologiche, sociali ed economiche di rilievo.
Sesso, genere, identità di genere e ruoli di genere
Partiamo dal definire il sesso. Il sesso costituisce il nostro corredo genetico. È l’insieme dei caratteri biologici, fisici e anatomici con i quali vengono distinti maschio e femmina.
Con il termine genere si indicano le differenze socialmente e culturalmente costruite attorno all’identità femminile e a quella maschile, solitamente partendo dalle diversità fisiche e biologiche. Il genere è una costruzione culturale, è la rappresentazione, definizione e incentivazione di comportamenti che rivestono il corredo biologico e danno vita allo status binario uomo/donna. Il genere è dunque un processo che trasforma le differenze biologiche in differenze sociali e definisce donna e uomo. È un prodotto della cultura umana e il frutto di un persistente rinforzo sociale e culturale delle identità: viene creato quotidianamente attraverso una serie di interazioni che tendono a definire le differenze tra uomini e donne.
Come tale, il genere varia tra le culture, le aree geografiche e i periodi storici. Ad esempio, in alcune zone del subcontinente indiano viene riconosciuta l’esistenza di un terzo genere: gli hijra non si considerano né uomini né donne, pur essendo biologicamente per la maggior parte maschi. Non è quindi un carattere innato, ma appreso. È dinamico e relativo, perché ogni società definisce quali valori attribuire alle varie identità di genere, in cosa consiste essere uomo o donna1. Infine è un concetto relazionale: con il termine “genere” non ci riferiamo alle donne (come spesso si tende a fare), ma a donne e uomini e al loro modo di interagire. Se ci pensate, ciascuno di noi crea quotidianamente il genere, in modo automatico. In ogni contesto sociale siamo impegnati (spesso implicitamente e senza rendercene conto) a testimoniare continuamente la nostra appartenenza di genere attraverso il comportamento, il linguaggio, l’atteggiamento, ecc. Quando ci relazioniamo con una persona, tra le prime cose che notiamo vi è la sua appartenenza sessuale e il livello di corrispondenza tra determinate caratteristiche anatomiche e l’idea di donna e di uomo che ci aspettiamo e accettiamo.
Se siete genitori, provate a tornare al momento in cui avete acquistato il primo corredino per vostro figlio o vostra figlia. Sfido chiunque di voi a dirmi se ha pensato a un colore diverso dall’azzurro per un bimbo o dal rosa per una bimba. Nessuno? E anche tra chi lo avesse pensato, avete trovato un corredino che facesse al caso vostro? Forse ci siete riusciti, e ne avete preso uno bianco, o beige….con il risultato che il primo estraneo che ha visto vostro figlio vi ha detto: “Oh che bel…..!!! È un bambino? O una bambina? Comunque bellissimo/a, complimenti!”
Il vostro pargolo/a non ha ancora una ben definita identità di genere, ma ben presto (di fatto sin da subito) inizierà a forgiarsi. L’identità di genere è il risultato dell’interrelazione tra le attitudini dei genitori, l’educazione ricevuta e l’ambiente socioculturale. È il modo in cui un individuo percepisce il proprio genere, la percezione sessuata di sé e del proprio comportamento, acquisita attraverso l’esperienza personale e collettiva. Alla costruzione dell’identità di genere contribuiscono tutte le agenzie di socializzazione: famiglia, scuola, gruppo dei pari, mezzi di comunicazione, esperienze lavorative.
Strettamente correlato all’identità di genere è il ruolo di genere: l’insieme dei comportamenti, agiti all’interno delle relazioni con gli altri, e delle attitudini che in seno a un dato contesto storico-culturale sono riconosciuti come propri degli uomini e delle donne. Sono modelli che includono comportamenti, doveri, responsabilità e aspettative connessi alla condizione femminile e maschile e oggetto di aspettative sociali. Il ruolo di genere esprime quindi adattamento sociale alle norme condivise su attributi e condizioni fisiche, gesti, tratti di personalità, linguaggio, abitudini, ecc. Ad esempio siamo soliti attribuire all’uomo la razionalità, la forza, la capacità di protezione, e alla donna la sensibilità, la dolcezza e la capacità di cura. Queste caratteristiche vanno di pari passo con determinanti comportamenti e ruoli (di genere): ancora oggi in Italia è molto diffusa l’idea che la donna trovi la sua realizzazione prevalentemente nella cura delle faccende domestiche e familiari, e nel matrimonio, mentre è per lo più l’uomo che dovrebbe mantenere la famiglia, dedicarsi al lavoro e allo studio2.
Quando le identità e i ruoli di genere si cristallizzano, parliamo di stereotipi di genere. Gli stereotipi sono immagini semplificate, caratteristiche che vengono attribuite a tutti i membri di un gruppo e che ci aiutano a semplificare la realtà. Ma proprio perché tendono a semplificare e a uniformare, conducono spesso a interpretazioni errate, con conseguenze di rilievo sui singoli e a livello sociale. Influenzano infatti le aspettative delle persone (ci aspettiamo che una donna sia docile e sensibile e che un uomo sia forte e deciso, per cui quando non lo è gli si dice “non fare la femminuccia!”), producono effetti sulle persone (tenderemo a comportarci come gli altri si aspettano, in modo da non attirare critiche), infine contribuiscono a mantenere lo status quo e le differenze di potere.
Infatti, i ruoli di genere e gli stereotipi ad essi connessi hanno storicamente prodotto una gerarchia tra gli status di uomo e donna, ancora oggi presente e molto radicata. Il processo di costruzione dell’identità e dei ruoli di genere parte dal presupposto che donne e uomini siano gerarchicamente ordinati e perpetua l’esistenza di una asimmetria sociale, alla quale ci socializzano sin da piccoli (pensate solo a certi libri di testo, o racconti per bambini con eroi maschili a cavallo e principesse indifese, mamme che cucinano e stirano, papà che lavano l’auto e leggono il giornale…). Tutto ciò ha conseguenze gravi: stereotipi e discriminazioni influenzano ad esempio l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, ma anche le differenze di retribuzione a parità di impiego, o la partecipazione in ambito politico. Ma hanno effetti negativi anche sugli uomini, soggetti a modelli di mascolinità tossica, che nelle forme più estreme può sfociare nella violenza contro le donne e nei terribili femminicidi.
1. Le identità di genere sono molteplici. In questa sede parliamo delle identità di uomo e donna (identità binarie), ma il discorso è molto più ampio. Ci sono molte e diverse identità di genere (transgender, transessuali, cross dresser…..) ma vi è anche chi non si riconosce in nessun genere (agender) o chi si percepisce come un mix di generi (genderqueer, genderfluid).
2. L’esistenza di radicati stereotipi di genere emerge da diverse ricerche. Citiamo qui i numerosi sondaggi svolti da WeWorld dal 2015 ad oggi (“Rosa shocking”, “Rosa Shocking 2”, “Brief Report n. 4”), confermati anche da Istat (2019) “Gli stereotipi sui ruoli di genere e l’immagine sociale della violenza sessuale”.